Turismo e servizi nell’anno di Bergamo Capitale
FILCAMS-CGIL: “Mancanza di addetti? Si affronti la questione salariale”
Anche nell’anno di “Bergamo Capitale della Cultura” prosegue la polemica sulla presunta difficoltà di reperire lavoratori e lavoratrici da impiegare nel settore del turismo e dei servizi. Al riguardo interviene questa settimana Nicholas Pezzé, segretario generale della FILCAMS-CGIL di Bergamo.
“La questione torna ciclicamente d’attualità da mesi, se non da anni. Nelle ultime settimane, con ancora più insistenza, su stampa e social network è riapparsa la polemica sulla supposta mancanza di addetti disponibili a lavorare nella ristorazione e in generale nel settore del turismo e dei servizi. Se fino a qualche tempo fa il problema veniva frettolosamente imputato al reddito di cittadinanza, oggi il problema viene rimandato quasi esclusivamente alla presunta poca voglia delle persone di impegnarsi in questo tipo di impieghi”.
“Nella sola città di Bergamo, soprattutto in questi comparti, ci sono ben più di 25mila lavoratori che oggi operano con salari medi inferiori ai 1.000 euro mensili” prosegue il sindacalista. “Molti degli operatori che lavorano per mense, servizi, pulizie e settori legati al turismo guadagnano meno di 15 mila euro l’anno e vivono quindi una condizione di difficoltà economica concreta, accentuata dai rincari del costo della vita. Ora, siamo convinti servano soluzioni costruttive al problema e non continue lamentele poco fondate e che non riescono a centrare la vera questione, che è quella salariale. Anche a Bergamo, come in tutta Italia, da anni esiste un problema di salari che va affrontato in settori dove anche il rapporto tra conciliazione tra vita privata e lavorativa deve essere rivisto. Perché molto spesso si tratta di persone che, seppur inquadrate con contratti part time, lavorano anche 45/50 ore la settimana”.
“Una domanda sorge, tra l’altro, spontanea: perché i molti datori di lavoro che evidenziano la mancanza di personale (non tutti s’intende) non si rivolgono ai centri per l’impiego, dove sono presenti liste di lavoratori e lavoratrici disoccupati ma qualificati e pronti a trovare una sana occupazione, invece che passare tramite agenzie interinali e forme di lavoro non tutelate? Un altro problema diffuso è quello dell’applicazione di contratti pirata (ovvero contratti non firmati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative) che crea situazioni di dumping salariale tra imprese e nel rapporto con i lavoratori. Negli ultimi anni inoltre è aumentato il lavoro povero, che ancor meglio si può definire lavoro di non qualità, spesso diffuso e conseguente al precariato che è sinonimo di condizioni peggiorative sia in termini di condizioni lavorative che contrattuali”.
“Per cambiare, finalmente, lo scenario generale è necessario guardare al futuro attraverso una vera e propria rivoluzione culturale, sociale, economica e politica che non dimentichi di porre al centro le persone e la loro dignità, soprattutto attraverso un lavoro di qualità e una maggior attenzione al tema della conciliazione tra vita privata e lavoro” conclude Pezzè.